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Anche i birrifici che appartengono alla vecchia guardia come Avery si sono fatti tentare dalle contemporanee NEIPA. Preparata con 4 diverse varietà di luppolo, la reintepretazione di Avery è ricca di note tropicali (guava, ananas, mango, passionfruit) agrumate (pompelmo, mandarino, arancia rossa) e fruttate (melone, pesca) e ha il classico mouthfeel cremoso e fruttato tipico dello stile, senza tuttavia scadere in eccessive torbidità
La birra, per prima cosa. Tutto il resto a seguire. Questo è lo spirito che soffiava a Boulder, nel Colorado, quando nel 1993 il 27enne Adam Avery diede corpo a un sogno: creare birre coraggiose, audaci, uniche nel loro genere. Senza sconfessare le tradizioni del Vecchio Mondo, ma con un cuore profondamente americano. Missione compiuta già un anno dopo, quando vinse il primo grande premio internazionale al GABF, il Great American Beer Festival. Per diventare anno dopo anno ciò che è oggi: un punto di riferimento mondiale per chi cerca lager e ale dal carattere inimitabile.
La birra Avery nasce in una terra senza pari, selvaggia, avventurosa, rustica e affascinante. La città di Boulder, desertica e montuosa, universitaria e ribelle, si trova infatti a un’altitudine di quasi 1700 metri sul livello del mare, con un cuore incastonato sulle Montagne Rocciose e uno sguardo che si perde nell’immensità delle Grandi Pianure del Midwest americano. E qui, ai piedi dei caratteristici Flatirons (formazioni di arenaria che sono uno dei tanti simboli dello splendido Colorado). Qui hanno soggiornato gli Arapaho, gli Cheyenne, i Comanche, i Sioux. Popolazioni straordinarie che hanno in qualche modo trasmesso saggezza e spirito d’avventura fino ad oggi.
Adam Avery ha infatti perseguito la sua missione nel rispetto di due canoni molto precisi. Il primo è quello di approfondire la più profonda conoscenza birraria dell’Europa, aggiungendoci l’ingegno e la voglia di sperimentare che solo una terra come il Colorado poteva garantire. Il sogno americano è divenuto in pochi anni una solida realtà, con il nome Avery che oggi è sinonimo di grande qualità, sperimentazione e capacità di sorprendere sempre. Perché, come dicevano i Nativi Americani: “Gli uomini che lavorano sempre non hanno tempo per sognare, e solo chi ha tempo per sognare trova la saggezza”.
Anche i birrifici che appartengono alla vecchia guardia come Avery si sono fatti tentare dalle contemporanee NEIPA. Preparata con 4 diverse varietà di luppolo, la reintepretazione di Avery è ricca di note tropicali (guava, ananas, mango, passionfruit) agrumate (pompelmo, mandarino, arancia rossa) e fruttate (melone, pesca) e ha il classico mouthfeel cremoso e fruttato tipico dello stile, senza tuttavia scadere in eccessive torbidità
La birra, per prima cosa. Tutto il resto a seguire. Questo è lo spirito che soffiava a Boulder, nel Colorado, quando nel 1993 il 27enne Adam Avery diede corpo a un sogno: creare birre coraggiose, audaci, uniche nel loro genere. Senza sconfessare le tradizioni del Vecchio Mondo, ma con un cuore profondamente americano. Missione compiuta già un anno dopo, quando vinse il primo grande premio internazionale al GABF, il Great American Beer Festival. Per diventare anno dopo anno ciò che è oggi: un punto di riferimento mondiale per chi cerca lager e ale dal carattere inimitabile.
La birra Avery nasce in una terra senza pari, selvaggia, avventurosa, rustica e affascinante. La città di Boulder, desertica e montuosa, universitaria e ribelle, si trova infatti a un’altitudine di quasi 1700 metri sul livello del mare, con un cuore incastonato sulle Montagne Rocciose e uno sguardo che si perde nell’immensità delle Grandi Pianure del Midwest americano. E qui, ai piedi dei caratteristici Flatirons (formazioni di arenaria che sono uno dei tanti simboli dello splendido Colorado). Qui hanno soggiornato gli Arapaho, gli Cheyenne, i Comanche, i Sioux. Popolazioni straordinarie che hanno in qualche modo trasmesso saggezza e spirito d’avventura fino ad oggi.
Adam Avery ha infatti perseguito la sua missione nel rispetto di due canoni molto precisi. Il primo è quello di approfondire la più profonda conoscenza birraria dell’Europa, aggiungendoci l’ingegno e la voglia di sperimentare che solo una terra come il Colorado poteva garantire. Il sogno americano è divenuto in pochi anni una solida realtà, con il nome Avery che oggi è sinonimo di grande qualità, sperimentazione e capacità di sorprendere sempre. Perché, come dicevano i Nativi Americani: “Gli uomini che lavorano sempre non hanno tempo per sognare, e solo chi ha tempo per sognare trova la saggezza”.
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